La Croce Rossa Italiana fa tantissime cose: tra le tante, salva delle vite!
Henry entrò. Entrò nella sede della Croce Rossa Italiana a Parma. Sinceramente un po’ disorientato. Non sapeva a chi chiedere qualcosa, non sapeva se fossero tutti impegnati a lavorare e a fare servizi. Davanti a lui il centralino, una radio che, come nei film, parlava da sola nel silenzio, tre o quattro monitor pieni di informazioni lampeggianti e seduto dietro la scrivania con tutta quella tecnologia vi era un ragazzo. Henry notò subito la sua giovinezza, avrà avuto solo tre o quattro anni più di lui, la faccia sveglia, una mano che batteva sulla tastiera del computer e l’altra che reggeva il bicchierino di un caffè.
“Buongiorno”, gli disse con un sorriso alzando lo sguardo.
“Buongiorno”, gli rispose timidamente Henry.
“Hai bisogno?” chiese il ragazzo.
“Guardi ho quasi 18 anni e vorrei diventare volontario! Ma...”
“Non dire altro. Sei fortunato, oggi è una giornata importante: è la Giornata Mondiale della Croce Rossa", lo disse con sguardo fiero, come se quella giornata fosse un evento personale di grande rilevanza, e questo colpì Henry. "Oggi io devo solo compilare alcune scartoffie, ma sarò qui tutto il giorno, se hai piacere ti farò vedere quello che facciamo. L'Associazione svolge un sacco di attività!”
“Molto volentieri”, Henry era affascinato da tanta disponibilità.
E così si alzò dalla sua postazione. Aveva una divisa tutta rossa, con una grossa croce sulla schiena. Due o tre spille sul petto e il nome ricamato su un’etichetta di stoffa. E con un entusiasmo fuori dal comune volle mostrare quello di cui andava più fiero a Henry: un’ambulanza. Nella sede vi erano decine di persone, chi rideva seduto su una poltrona e chi riordinava un grosso armadio pieno di oggetti vari, alcuni Henry li conosceva, altri gli erano sconosciuti, scoprì dopo che si trattava di vari presidi sanitari per il soccorso. Un ragazzo alto e magro stava lavando un’ambulanza e due persone più anziane leggevano il giornale. Tutti in divisa rossa. Una bellissima divisa rossa pensò Henry. Il giovane che era con lui gli fece scendere alcuni gradini e lo portò in un vasto parcheggio pieno di mezzi. Automediche, pulmini, automobili e ambulanze. Tutte belle, pulite e attrezzate. Almeno questa era l’idea di Henry. Salirono su una di esse.
“Iniziamo con queste" gli disse il giovane soccorritore, "sicuramente è quello a cui tutti pensano quando vedono la nostra divisa, il soccorso in ambulanza. Per cui scusa”, continuo sorridendo, “ma ora ti tocca un piccolo monologo. Vedi qui in sede ne abbiamo una decina di mezzi come questo e semplicemente ogni sei ore la squadra che inizia il turno sulle emergenze o su altri servizi che richiedono un'ambulanza, controlla il proprio mezzo nel dettaglio, per verificare che sia adeguatamente equipaggiato per ogni evenienza. In caso di necessità, ripristina il materiale mancante prendendolo dagli armadi in sede, quelli che hai visto prima. Ogni ambulanza è particolarmente attrezzata: oltre tutto il materiale per medicare ferite e traumi, abbiamo l’ossigeno con la possibilità di portarlo anche fuori dalla ambulanza, presidi di immobilizzazione e trasporto di chi ha la sfortuna di dover essere soccorso e uno zaino che contiene tutto il materiale presente in ambulanza, per portarlo con noi, magari in una palazzina. Abbiamo attrezzature per ventilare, medicare, aiutare medici e infermieri a somministrare farmaci e liquidi, e soprattutto abbiamo un defibrillatore: quello che con una scossa ti salva la vita. Questi mezzi vanno su ogni strada, ad ogni ora con qualsiasi condizione metereologica. E hanno sirene e lampeggianti per far capire a tutti quelli in strada, che la nostra priorità è andare a salvare delle vite.”
“Molto interessante” disse Henry, “E il tuo successo più grande quale è stato?”
“Ne ho avuti tanti. Salvare una vita è sempre un successo anche se è una cosa che si fa in squadra. Molte cose mi hanno colpito. Un uomo in arresto cardiaco in un campo da tennis per esempio. Lo abbiamo rianimato e dopo alcune settimane è venuto a stringerci la mano in sede. Ma l’episodio che mi è rimasto più impresso è stato quello di una bambina. Avrà avuto sette anni e la mamma stava male. Ha chiamato lei il 118 dando informazioni precise e dettagliate su cosa stava accadendo. Ha salvato la sua mamma. E per questo parliamo molto di questi episodi, con la condivisione di post, foto e storie, con lezioni nelle scuole e nei circoli. Perché un nostro intervento tempestivo ed anche semplicemente andando in una scuola a parlare ai bambini di come si chiama il 118, abbiamo l'opportunità di salvare delle vite. Poi, per fortuna, molto spesso usciamo per cose di gravità minore, anche se nulla può mai essere sottovalutato, ed alleviare il dolore della persona che sta male è sempre la nostra priorità”.
Henry era molto colpito. Vite salvate. Vite che non si sono spente su un pianerottolo o in un campo da tennis, ma nonostante stessero appannandosi sono state fatte “brillare”. Portare la propria esperienza ai bambini, insegnargli a reagire agli eventi e non a subirli. Henry era un turbine pensiero. Tante riflessioni gli si accavallavano in testa ed aveva un volto molto serio e concentrato nei suoi pensieri. Quando una risata fortissima lo fece trasalire…